Nomi, cose, città: come si creano gli universi narrativi?
La narrativa è ormai diventata una componente ricorrente all’interno dei videogiochi: dai dettagliati e vasti universi di gioco in cui intraprendere un’avventura “personalizzata” basata sulle proprie scelte ai semplici mondi narrativi di esperienze di storytelling a senso unico. Ma come si creano mondi fittizi coerenti e ben pensati? Di tecniche e metodologie di creazione di universi immaginari ne esistono di più svariate; limitiamoci a illustrarne alcune delle più accreditate e studiate, valide non soltanto per la creazione di universi narrativi all’interno di videogiochi, ma anche per qualsiasi altro “mondo” destinato a prodotti artistici abbiate in mente!
Basandosi sulle teorie sull’immaginazione di S.T.Coleridge e George MacDonald, fu niente meno che John Ronald Reuel Tolkien a riferirsi alla creazione di mondi immaginari come subcreazione, distinguendo inoltre fra Mondo Primario e Mondo Secondario. Secondo Tolkien, l’immaginazione è da considerarsi un attributo divino donato all’essere umano da Dio; di conseguenza, noi desideriamo creare, così come Dio ha creato noi. E quando creiamo un mondo immaginario (o secondario), per quanta inventiva e creatività possiamo possedere, non facciamo altro che creare versioni differenti e alternative del mondo primario in cui esistiamo. Tolkien e uno dei suoi mondi secondari vasti e dettagliati più conosciuti può essere adoperato come esempio perfetto: partendo dal presupposto che il nostro mondo primario è composto da popoli, lingue, sistemi di comunicazione, usanze, tradizioni, nomi dati a oggetti, persone e luoghi, Tolkien ha creato l’universo narrativo de Il signore degli anelli modificando tutte le caratteristiche del nostro mondo sopra elencate.
I nomi degli abitanti di questo mondo secondario sono più o meno diversi a seconda dell’area geografica, dall’elfo Legolas allo stregone Gandalf all’hobbit Sam (così è nel nostro mondo: in Giappone sarà facile trovare una Hitomi, mentre in Italia si hanno più possibilità di incontrare una Irene); la fauna e la flora, due elementi naturali che contraddistinguono anche il nostro mondo primario, comprendono l’esistenza di olifanti, draghi e alberi parlanti; la distinzione fra nazionalità ed etnie – concetto nuovamente ispirato al nostro – consiste in questo mondo nella distinzione fra elfi, nani, uomini, orchi e così via. Quindi, seppur inconsciamente, ogni volta che la nostra immaginazione ci spinge a subcreare un nuovo pianeta, mondo, universo, dimensione parallela e personaggio, stiamo sempre partendo dalle basi di un solo mondo: il nostro.
“L’invenzione è il grado di diversità con cui le componenti di base del nostro mondo vengono cambiate, come la geografia, la storia, il linguaggio, la fisica, la biologia…”
– M.J.Wolf
Ma quali sono questi presupposti basilari da cui la nostra mente attinge per subcreare nuovi mondi narrativi? L’accademico Mark J.P. Wolf parla di mondo primario e secondario come composti da quattro reami: quello nominale, quello naturale, quello culturale e quello ontologico. Prendiamoli in esame più nel dettagliato applicandoli direttamente all’universo narrativo di un videogioco “ancora caldo” per il suo seguito uscito da poco: The Last of Us.
Reame nominale
Nomi: semplicemente, i nomi che diamo agli oggetti, i nomi di persona, il nome di un particolare evento o avvenimento (condizioni metrologiche estreme che causano danni vengono per esempio denominate “catastrofi naturali”; chiamiamo la celebrazione del giorno in cui siamo nati “compleanno”, e così via). Nel reame nominale di The Last of Us, niente sembra particolarmente diverso dal funzionamento del reame nominale del mondo primario (si parla sempre di virus, di dottori, di città, “Ellie” e “Joel” sembrano due nomi perfettamente plausibili anche nel nostro mondo, negli Stati Uniti)…se non fosse per la necessaria creazione di una nomenclatura dedicata al virus che ha trasformato il corpo e le menti degli sventurati umani infetti: ecco in cosa differisce il reame nominale dell’universo di The Last of Us. Il virus infatti, una volta insinuatosi negli esseri umani, presenta quattro stadi di evoluzione e gravità. Il primo stadio di infezione trasforma gli individui in ciò che gli abitanti di questo mondo narrativo hanno denominato “runner”, il secondo stadio rende gli umani “stalker”, il terzo “clicker”, mentre il quarto e più grave stadio trasformerà gli infetti in “bloater”.

Reame naturale
Il mondo di gioco di The Last of Us presenta delle caratteristiche facilmente riconducibili a un genere narrativo ben preciso: quello apocalittico o post-apocalittico. Il mondo come lo conosciamo è cambiato, in un futuro prossimo, a causa di un evento dalle conseguenze straordinarie (una presa di stato, una catastrofe naturale, una rivolta popolare…) e questo ha modificato – tra i tanti aspetti del mondo – la sua fauna e la sua flora. Il reame naturale del gioco coincide con quello del nostro mondo primario, tranne che per l’arrivo di una nuova forma di vita batterica che ha sconvolto la vita degli umani. Di conseguenza, l’abbandono della cura della natura che circonda l’ambiente cittadino ha fatto sì che piante rampicanti, muschi e muffa si siano prepotentemente insinuati all’interno di edifici, macchine abbandonate e qualsiasi altra superficie solida abbia dato loro modo di sopravvivere e continuare a evolversi…proprio come accadrebbe al nostro mondo primario se cause di forza maggiore ci costringessero ad abbandonare ogni forma di controllo sulla natura. Alcuni esempi di reami naturali che differiscono in modo sostanziale dal nostro sono quelli di Avatar (in cui esistono centinaia di nuove specie di animali, fiori e sistemi naturali) o gli stessi Ent de Il signore degli anelli, che costituiscono un curioso esempio di flora parlante del mondo narrativo.

Reame culturale
Questo, afferma Wolf, è il reame che, nella subcreazione di mondi narrativi, più spesso viene pesantemente alterato rispetto a quello del mondo primario. Per reame culturale si intende tutto ciò che gli esseri umani hanno creato: il nostro modo di comunicare (scrivendo, parlando, disegnando), il nostro linguaggio, le nostre usanze, le nostre convenzioni sociali, le nostre regole, le nostre strutture e il funzionamento dei nostri sistemi e della nostra società. Sappiamo che nell’universo di The Last of Us, alcuni individui, desiderosi di ribellarsi all’oppressione e all’abuso di potere dei militari statunitensi responsabili della gestione delle zone di quarantena, hanno formato una fazione rivoltosa denominata Luci (Fireflies in inglese, Lucciole). L’intera società colpita si è quindi riorganizzata per far fronte all’epidemia e ai pericoli che ne sono derivati, avviando una serie di nuovi regolamenti, proibizioni e regole da rispettare: un reame culturale molto più vicino al nostro di quanto non lo fosse all’uscita del gioco, nel 2013!

Reame ontologico
L’ultimo reame dei mondi individuato da Wolf è quello ontologico: come funzionano lo spazio e il tempo? Esistono più dimensioni, oppure universi in cui gli individui possono spostarsi? Il reame ontologico di Ritorno al futuro, per esempio, non è certo lo stesso che caratterizza il nostro mondo. Uno scienziato ha infatti scoperto il modo di manipolare gli eventi passati e futuri, sconvolgendo così il funzionamento del tempo non più percepito come una lineare sequenza di eventi irreversibili. Il reame ontologico di The Last of Us coincide con quello del mondo primario: il tempo e lo spazio non hanno subito variazioni (non si sono creati varchi temporali, nessuno è stato magicamente trasportato indietro nel passato, le dimensioni esistenti sono rimaste lunghezza, altezza e profondità!). Esempi di reami ontologici si trovano anche nelle opere del passato. Basti pensare all’universo in due dimensioni di Flatlandia (1884) di Edwin A. Abbott, in cui i personaggi sono forme geometriche – tra di loro, il protagonista e narratore: un quadrato.
La teoria sviluppata da Wolf è chiaramente applicabile alla creazione di qualsiasi tipo di mondo immaginario: sia questo molto o poco particolareggiato. Un’alta quantità di dettagli non è sempre sinonimo di qualità e non sempre si trova in linea con il genere narrativo: un universo semplice e misterioso come quello di Limbo è tanto evocativo ed efficace quanto quello pieno di particolari e informazioni di Skyrim.
La prossima volta che avete in mente di creare mondi fantastici – siano essi letterari, cinematografici, videoludici o destinati a qualsiasi altra forma d’espressione artistica – provate a partire dai quattro reami individuati da Wolf e a delinearne le caratteristiche!
Per saperne di più: Mark J.P. Wolf, “Building Imaginary Worlds: The Theory and History of Subcreation” (2012).