Viviamo in un mondo crepuscolare…

Che sia amato o odiato, sicuramente una cosa è certa: Cristopher Nolan fa sempre parlare di sé. E il suo ultimo, film, Tenet, non è assolutamente un’eccezione: andiamo quindi a vedere se la pellicola in questione rispetti ed evolva gli sperimentalismi e le eventuali innovazioni che si prospetta ad esporre, oppure sia la ormai classica”nolaniata”, che ricerca una macchinosa pseudo-autorialità senza né capo né coda, risultando un falso, alla stregua del Goya di Arepo.

A prescindere dal giudizio di questo recensione, che io invito a leggere solo dopo aver visionato il film, è comunque importante andarlo a vedere in sala, in quanto si presta come lancio economico per una realtà che, a causa della pandemia globale, rischia di indebolirsi irreversibilmente.

Tra innovazioni e cliché.

La trama di Tenet, per chi conosce il regista non sarà una novità, non è in nessun modo lineare e chiara, ma al contrario, potrà risultare eccessivamente confusionaria e contorta. Questo perché Nolan, come non mai, comprime una slavina di informazioni in “solo” due ore e mezza di film: ma se per molti questo può essere un punto negativo, da un altro punto di vista, regala invece all’opera quello spessore narrativo di cui tanto peccavano alcuni dei suoi osannatissimi precedenti lavori. Perché infatti il regista britannico è stato abilissimo nel chiarificare tutte quelle informazioni fondamentali per non essere completamenti disorientati durante la dedalica visione, mentre ha reso certamente più criptici tutti quegli elementi secondari, che invece vanno a dare forma ad un contorno non banale, custodendo, come l’associazione Rotas, i dettagli e i particolari. Ecco perché personalmente ritengo che il film viaggi tra il complesso e il complicato, considerando che i due termini non sono per niente sinonimi.

Ma quindi, di cosa parla il Tenet?

Nei giorni nostri, un agente speciale (John David Washington), deve fronteggiare una minaccia di proporzioni mondiali: la scoperta di poter invertire l’entropia di un oggetto, in modo da farlo viaggiare in un linea temporale inversa, applicando una sorta di reverse del tempo. Alleatosi con l’agente Neil (Robert Pattison), si scontrerà con gli egocentrici ideali di Andrei Sator, anche aiutato grazie al tradimento della sua infelice moglie, Kat (Elizabeth Debicki).

Semplice nel presentarsi, difficile nello svolgersi, Nolan rispetta pedissequamente la classica struttura in tre atti, applicandola però ai capovolgimenti del reverse temporale, idea di per sé parecchio interessante, uno svecchiamento degli ormai risaputi stilemi del genere per mezzo di un elemento nuovo e interno alla narrazione, ma che non viene sviluppata doverosamente, lasciando che siano solo gli elementi profilmici a muoversi avanti e indietro nel tempo, e non lo stesso scheletro della storia. Quello che quindi ne esce fuori è una trama che sia per i personaggi, decisamente poco approfonditi, sia per la costruzione logica degli eventi, rispecchia i cliché degli spy movie, di cui evidentemente fa parte, e anche delle storie, cinematografiche e letterarie, ma anche fumettistiche, a tema viaggio nel tempo. Ritroviamo quindi le stesse situazioni di climax, i dialoghi esposti su tre livelli diversi, che aiutano ad alleggerire il montaggio, e i soliti colpi di scena dovuti ai viaggi temporali, a cui anni e anni di cinema d’azione e fantascientifico ci hanno ormai abituati. La peculiarità del film e unica sua vera punta di diamante, dunque, di partenza originale, diviene schiava di costrutti già visti e non riesce ad evolvere le premesse sperimentali e rivoluzionarie che il regista sembrava voler perseguire.

Piccola nota: il doppiaggio italiano, da quel che si è visto, è risultato mediocre e poco trainante, cosa che è un’aggravante per un fenomeno che sempre di più sta colpendo un mondo ormai legato con la realtà cinematografica straniera.

Incomprensibilità nella forma e nel contenuto.

Come accennato nel precedente paragrafo, Tenet viaggia tra il complesso e il complicato, toccando entrambe le definizioni sia nella scrittura (maggiormente complessa) che nella forma (esclusivamente complicata). La formula narrativa utilizzata nella pellicola si fa quindi a tratti eccessivamente intricata e fuoriesce come caotica, non permettendo allo spettatore di seguirne facilmente gli eventi. Ciò si riflette anche dal punto di vista stilistico, coprendo considerevolmente regia e montaggio, i quali, forti di una sceneggiatura quindi eccessivamente veloce e poco chiara, divengono coadiuvanti di quella sensazione di estraniazione che potrebbe assalire e assale lo spettatore.

Partendo dalla regia, possiamo dire che mette in evidenza tutti i problemi di Nolan nelle scene d’azione (già evidenti nella trilogia di Batman), fondamentali in un film del genere, che si fanno confusionarie e involontariamente criptiche a causa di tagli improvvisi nel mezzo dell’azione, dell’inesistenza della regola dei 180 gradi e soprattutto di un punto di vista che permetta allo spettatore non solo di comprendere il combattimento, ma anche di sentirsi coinvolto in questo, come spiegato nei più classici manuali sulla tecnica cinematografica. Un degrado graduale, scusate l’assonanza, che raggiunge la sua apoteosi nella battaglia finale, uno spara-spara confuso dove addirittura non si capisce dove e chi è il nemico.

Ricercando anche nel montaggio soluzioni topiche, Tenet si porta a ritmi perennemente frenetici, non dando spazio a quella giusta alternanza dell’azione, che, in quanto continua, non contempla quasi mai momenti di approfondimento dei personaggi e della storia, nonché annulla ogni possibilità di “giocare” con la tensione del pubblico, in quanto se ne viene inconsciamente abituati. In virtù, inoltre, di questo dinamismo, si sacrificano anche ogni regola della continuità cinematografica nello spazio e, chi l’avrebbe detto, nel tempo, ritrovandoci dunque con personaggi che si teletrasportano in giro per il mondo e con scene tronche, senza dare senso logico allo svolgimento  della micro-narrazione di ogni sequenza. Catapultati in un ping pong di montaggio e scrittura, che con pochi stacchi ci portano da Kiev, a un generico Oceano, in India e a Londra, e con una sceneggiatura implacabile che prende il volo prima ancora che lo spettatore possa comprenderne il senso, è raro che all’inizio (ma volendo anche alla fine) non ci si trovi in uno stato di totale confusione.

Tra vere esplosioni e viaggi nel Tempo.

Arriviamo dunque alla parte più interessante di Tenet: la scelta coreografica e di messa in scena dell’inversione e quella relativa agli effetti visivi.

Nolan, come ben sappiamo, quanto è poco interessato a coinvolgere emotivamente il pubblico, tanto più è invece studioso di una meticolosa messa in scena, che rispetti il fattore scientifico, ma che svolga l’importante funzione di spettacolarizzazione dell’immagine. E questa Opera per fortuna ne è un esempio. Come si può evincere dal trailer, le coreografie (almeno quelle realizzabili) sono reali, il che rende tutto decisamente più affascinante e rende parzialmente l’idea del lavoro, teorico e pratico, compiuto da tutte quelle persone che hanno dovuto imparare gli stili di combattimento al contrario, e coordinarli all’interno di sequenza d’azione, in modo da dare anche un sottotesto visivo reale all’idea concettuale di inversione del tempo. In questo, se, come ho detto prima, la battaglia finale è l’apoteosi di una regia sbagliata e di una scrittura confusionaria, diviene anche emblema di un perfetto studio coreografico che coordina eccelsamente diversi elementi su schermo che viaggiano in linee inverse.

Al tempo stesso, Tenet ha il merito di aver utilizzato esclusivamente soluzioni artigianali per quanto riguarda l’effettistica, cercando di non scadere nel digitale. Tutto ciò, che in mondo dove la CGI ha comprato il mercato del cinema commerciale, risulta beneficamene controcorrente, rendendo maggiormente vivide tutte quelle situazioni che realizzate al computer avrebbero perso gran parte del loro fascino. Se si pensa poi che il tutto è stato girato in IMAX, ci si accorge di come il risultato finale, sul piano tecnico, non può che essere positivo.

RASSEGNA PANORAMICA
Tenet
Articolo precedentePlayStation Plus: ecco i nuovi titoli gratuiti di settembre 2020
Articolo successivoI 15 peggiori videogiochi dell’attuale generazione
Salve! Il mio nome è Pietro Passaro, ma questo già lo sapevate. Sono un appassionato videogiocatore e un accanito cinefilo, ma soprattutto (e quello che vi interessa realmente) mi piace scrivere di queste due cose!
tenet-recensionePer rispondere alla domanda posta all'inizio della recensione, Tenet è un film che stranamente non si trova agli estremi, ma che come molti altri prodotti si muove tra la fragola e la tigre, rischiando però di acquisire quell'anonimato, che è sempre un male in lavori del genere. Eppure Nolan non vuole e non riesce a passare inosservato, sia per i suoi difetti, le scene d'azione confusionarie, che esplodono nella battaglia finale, la scrittura eccessivamente criptica e veloce, che si discosta con la banalità di alcune soluzioni narrative e la piattezza dei personaggi nei quali non ci si può immedesimare, sia però anche per i suoi pregi, la scelta di utilizzare solo effettistica artigianale, la gestione delle complesse coreografie, la qualità e la spettacolarizzazione dell'immagine. Insomma, Tenet è un film che come nella sua trama, viaggia per antitesi, tra complesso e complicato, tra banalità e innovazione, diventando, però, più nolaniano che una "nolaniata". Il che, è tutto dire.