L’avventura nell’avventura: l’epica sessione di montaggio del mio Desktop PC da Gaming. Un’impresa di squadra, di viti che cadono e di fette di pizza.

Sento non poca emozione nel ricordare quella pazza sera in cui Lady SelfBuild affrontò la Boss Fight, ovvero il montaggio. Il suo momento più alto, il motivo per cui era venuta al mondo e anche la prova più dura.

Armata delle sue nuove conoscenze, dei fedelissimi compagni di squadra e con tutto il suo equipaggiamento a puntino, si gettò dunque nell’arena. Un’impresa a fasi che rinviò il momento del sonno alle 3 di notte e che in più di un momento portò sull’orlo della rinuncia.

Racconterò dunque per gradi d’avanzamento anch’io, usando il passato remoto come se stessi narrando la battaglia del Fosso di Elm. La nostra Boss Fight  fu come un’estenuante lotta contro Xemnas e le sue quattro lunghissime fasi, contro il temibile Giudice di Final Fantasy X

Prima di incominciare invito tutti coloro che non avessero letto gli altri capitoli della serie di recuperarli (anche e soprattutto la build!): per ovvi motivi di comprensione del racconto, non si può arrivare a questo punto senza tutto un mese di premesse.

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Una delle Boss Fight con la B e la F! Indimenticabile, difficilissima meraviglia…

Fase #1: alle armi, compagni! 

Era luglio, da poco iniziato. Dopo quattro mesi di sofferenze e attese finalmente Lady SelfBuild aveva tutto pronto: le componenti della build stipate in quasi tre armadietti dello studio. Tutto ancora rigorosamente confezionato e maneggiato, giusto per fare qualche foto, con delicatezza da orologiaio.

Decidemmo di occupare tutto l’arco di un tardo pomeriggio/sera con l’intera sessione di montaggio. Non prevedendo di impiegare oltre sette ore e considerando orari di lavoro e altri quotidiani imprevisti vari, ci radunammo a casa mia per quasi le otto di sera!

Uno dei componenti della squadra più preziosi dovette raggiungerci in remoto tramite video chiamata, urlò consigli e raccomandazioni tutta la sera. Prima regola: “mi raccomando, tenetevi vicino qualcosa di ferro e sfregateci spesso le mani!”.

Menzione speciale anche al mio ragazzo, che al momento si diverte a sperimentare Modern Warfare per PC molto più di me e che a cadenza regolare quella sera chiedeva notizie sui nostri progressi. “Mi raccomando, non dimenticatevi di mangiare!”. 

Spostai tutto quanto sul tavolo della cucina, che aveva i piedi di ferro (!). Era un’ambientazione delle più casalinghe, con tanto di sobria tovaglia di plastica blu a pois…

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Non è sufficiente un’immagine soltanto per catapultarvi indietro a quel momento videoludico fantastico! Avevo anch’io dei Riku e Topolino al mio fianco…

Potevamo cominciare. Ah, non ancora. Dimenticavo un’importantissima fase, quella dei ricordi, è una delle cose a cui tengo di più.

Fase #2: backstage

Questa particolare fase del montaggio non fu molto ben accolta dai miei compagni di squadra, come prevedibile. Mi armai di macchina fotografica Reflex, del telefono che avrei usato per registrare qualche video e di preparazione psicologica agli insulti che sicuramente avrei ricevuto ad ogni tentativo di documentazione.

La gallery in fondo a questo capitolo è frutto di quel mal sopportato mio scrupolo, come già anticipato in passato (non sono una fotografa talentuosa), non è niente di troppo artistico né professionale. Secondo me fu quanto di più doveroso, per quanto sfocato o poco curato. Vi risparmierò volti e video per motivi di minacciata denuncia da parte dei miei compagni di avventura…

A mia difesa: chi non vorrebbe ricordare nei minimi dettagli un’impresa come questa?!

Fase #3: preparazione del materiale

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Immagini da PC Building Simulator (2018) mia recentissima scoperta… Avete capito bene: è un videogioco che simula l’assemblaggio di un PC.

Con “preparazione” intendo principalmente il capire come muoversi e in che ordine occuparsi della componentistica. Intendo, in effetti, anche il munirsi di affidabili cacciavite (preferibilmente magnetici! Ci arrivo fra un po’…) che un compagno di squadra fortunatamente decise di portare, prevedendo la dimenticanza generale.

Decidemmo di procedere secondo una logica strutturale, ovvero “partiamo dal case e riempiamo man mano”. Tuttavia ogni grossa componente va affrontata a sé prima di passare alla “farcitura”. 

Studiammo dunque tutti i manuali, colmando i vari dubbi e lacune. Calcolammo le ventole necessarie, che finirono per essere la prima cosa piazzata; organizzammo come operare sulla scheda madre… dopo aver contemplato la sua fantascientifica estetica per un paio di minuti.

Eravamo in quella fase iniziale in cui c’è ancora energia, galvanizzati dalla situazione, anche se consapevoli della miriade di cose da fare. Dopo qualche foto e avvitamento di ventole, dopo il rimprovero di mio cugino perché continuavo a farle girare con le dita beandomi della loro consistenza, cominciammo ad inserire tutto quanto va inserito in motherboard. Avremmo pensato al cable management per ultimo, dedicandoci il più accuratamente possibile all’estetica di tutti i fili visto il lato di vetro del case.

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Una delle sfide nella sfida, l’incubo di ogni maniaco dell’ordine: il cable management di un PC!

Fase #4: la scheda madre, il dissipatore, la scheda video…

E vai con le RAM, la scheda SSD M2 (vi avevo già raccontato che si inarca e tiene con una vite e che questo fenomeno disturba anche alla vista?), il processore.

Difficilmente scorderò la delicatezza con cui un mio compagno di squadra piazzò la CPU sulla scheda madre, come se maneggiasse fragilissime ali di mosca. Ma la parte più ostica arrivò subito dopo: il montaggio del dissipatore.

Un mostro di tubi e lamelle che nessuno aveva mai montato prima, con altre due ventole da incastrare e con la pasta termica in dotazione tristemente non utilizzata perché ci eravamo attrezzati di quella pro dell’Arctic e con dosatore a siringa. “La quantità di un chicco di riso!” dicevano. Sapete già la storia della pulizia della pasta termica in eccesso tramite cotton fioc tenuto da una pinzetta di precisione…

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Servono precisione e mano ferma da chirurgo… e l’avere presente più o meno quanto può essere grande un maledetto chicco di riso.

Trattandosi di una squadra “multitasking e ben organizzata”, potevamo permetterci di fare anche altre cose nel frattempo. Io andavo sistemando cartoni e manuali per poterli conservare maniacalmente e nel minor tempo possibile. Continuavo imperterrita a documentare la Boss Fight. Contemplammo insieme anche la bellezza della scheda video, cercando di comprendere come diamine staccare parti del case perché si incastrasse il tutto a dovere.

Organizzammo infine la miriade di viti, di varie dimensioni, forme e colori. Una pioggia di piccole viti per gli utilizzi più disparati. 

Fase #5: impasse, cerchiamo aiuto e intanto… alimentatore

Poi arrivò l’impasse: succede durante una Boss Fight di morire più volte, di non riuscire a pensare strategie diverse e sentirsi bloccati nella tempesta di tentativi infruttuosi.

Dobbiamo rimontare il dissipatore per sistemare questa stramaledetta pasta termica?”. 

In effetti ormai il procedimento lo avevamo compreso, eppure quel mostro di tubi e lamelle non si staccava! Anche svitando e smontando alla perfezione, sembrava incollato!

I più esperti sicuramente potrebbero commentare con le considerazioni più tecniche e una scientifica spiegazione dell’accaduto, eppure noi non riuscimmo a capacitarci e avevamo sincera paura di combinare un disastro o di rovinare la scheda madre insistendo.

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Già… esattamente quel momento di stallo.

Tra ricerche d’emergenza, video tutorial (anche su come staccare lo sportellino del retro del case che vi dicevo) e imprecazioni da marinaio in licenza, decidemmo infine di non fare niente. Non scherzo: lasciammo il dissipatore com’era… in fondo la pasta termica non colava, non si vedeva nemmeno quella in eccesso. La pinzetta e il cotton fioc avevano ben svolto il loro compito. E l’attuale perfetto funzionamento del PC testimonia forse che non si trattò di una cattiva scelta.

Non esclusi comunque future manutenzioni, neanche troppo tardive.

Intanto l’orologio batté le dieci passate. Avevamo misericordiosamente scelto un giorno feriale per il montaggio, quindi il fattorino delle pizze non tardò tantissimo la consegna. Noi avevamo cominciato da poco ad occuparci dell’alimentatore. In tutte le Boss Fight arriva però quel momento in cui devi un attimo ritirarti per le cure o trovare la finestra perfetta tra un colpo e l’altro del nemico per usare una Mega Pozione sulla tua squadra.

Nel mondo reale vuol dire pizza e un paio di birre!

Fase #6: PIZZA!

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La pizza ha tutto un altro sapore… la birra fredda di luglio brilla allo stesso modo però – FF VII Remake (2020)

Fu un pasto frettoloso e sovrappensiero. Pensavamo di continuo a cosa restava da fare e ci preoccupammo non poco del riempimento finale del case. Avevamo perso più di un’ora e mezza per il dissipatore, quanto avremmo impiegato per tutte le viti, le memorie, per finire con l’alimentatore, per sistemare l’estetica dei cavi?!

Insomma anche se erano passate poco più di un paio di ore, nel nostro cuore sapevamo che ancora ne mancavano più di quattro. Lo sentì soprattutto quel compagno di squadra che il giorno dopo doveva alzarsi presto per lavorare…

Fase #7: Deathblow, il colpo di grazia

Rifocillati ma per nulla più tranquilli, tornammo alla carica. Ogni spunta sulla lista delle cose da fare fu un nuovo colpo mortale contro il nemico. La Boss Fight era vicina alla sua conclusione. Ma si sa che l’ultima è anche una fase che può prendere molto molto tempo e si va anche a tentativi e attese della giusta occasione per colpire.

Un’ora per l’alimentatore, un’altra dedicata alle memorie, a come e dove piazzarle. “Il carrellino… aspetta, ma si possono montare ovunque, anche sul lato del case?!”. Durante questo tour de force di montaggio mi resi davvero conto che non avrei mai finito di imparare dal punto di vista tecnico: feci continue scoperte, mi meravigliai di tantissime cose.

Una Boss Fight può essere frustrante, anche dolorosa ma, se ben architettata, quanto ci si può divertire?!

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Questo non è niente, ve l’assicuro!

Le dannate innumerevoli viti cadevano di continuo dentro il case, tanto che desiderammo ardentemente l’incantesimo di Richiamo di Harry Potter, oppure semplicemente uno stupido cacciavite dalla punta magnetica. Intanto io non riuscivo a decidermi sul tenere o meno la pellicola perfettamente aderente al vetro temperato del case (alla fine la tolsi solo da un lato). Eppure, mi stavo divertendo un mondo e rompevo le scatole come una bambina insistente: chiedevo il perché di ogni cosa e interrogavo i miei santi compagni di squadra su quale fosse il posizionamento migliore per i “fondamentali” adesivi di AMD e ZOTAC Gaming.

Fase finale: il Rito dell’Accensione e il posizionamento

Sferrammo il colpo mortale! Collegammo monitor, mouse e tastiera (ancora rigorosamente  posizionati in cucina, sulla tovaglia a pois…). Era fondamentale sincerarsi del funzionamento, essere sicuri che tutto fosse al suo posto e perfettamente collegato, alimentato.

Dopo aver tragicamente constatato che il led rgb della ventola del retro del case (quella inclusa) non avrebbe mai funzionato e che nemmeno un adattatore avrebbe potuto ovviare all’inconveniente, provammo ad accendere.

I miei compagni di squadra diedero a me il compito di premere il pulsante di accensione per la prima volta. Mi sentii parte di una specie di rito mistico, si misero loro dalla parte dei documentaristi, ripresero il posizionamento degli adesivi (finalmente!) e il primo gesto di accensione.

Il computer partì al primo colpo, tra gli applausi meno rumorosi che potevamo permetterci alle due di notte passate. Seguì una festa di abbracci e di facce meravigliate alla vista della bellissima schermata del bios che, so essere cosa comune ormai ma per me fu un colpo in quel momento, era navigabile tramite cursore del mouse come su Windows!

Anche se era tarda notte e sembravamo tutti dei panda insonni, sistemammo tutto quanto c’era da sistemare dal punto di vista software. Riposi tutte le scatole e i vari manuali, la componentistica rimasta e chiesi di spostare il neonato direttamente nello studio, sopra la scrivania. Mancava solo la scritta in rosso “Vittoria!” sulle nostre facce…

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Le indimenticabili e mitiche “pose della vittoria” – Final Fantasy VIII (1999)

Delle fasi successive sapete più o meno tutto quanto possa suscitarvi curiosità. Il viaggio è finito e il mio ruolo di narratrice si è per ora concluso (posso anche tornare al comodo tempo verbale presente). Spero di avervi intrattenuto, dato spunti di riflessione, di essere riuscita a farvi sorridere ogni tanto e, perché no, di avervi anche insegnato qualcosa.

Lady SelfBuild si congeda e va a riposarsi meritatamente davanti a un falò, a giocare a The Sims 4, a gustarsi un ghiacciolo al sale marino…

È stato un piacere e un onore. Alla prossima avventura!

Gallery del montaggio