Storia di un’eroina tutt’altro che nella tomba
Archeologa, ereditiera inglese, coraggiosa e atletica al limite delle possibilità anatomiche umane, iconica lunga treccia castana e non una ma ben due pistole alla mano: Lara Croft è una delle star delle saghe più longeve dei videogiochi. La sua biografia è cambiata negli anni, così come i generi che ne hanno contraddistinto le avvenutre (si è passati da un primo focus sulle componenti puzzle ed enigmi ambientali a una maggiore attenzione e varietà all’aspetto action). Ciò che non ha subito cambiamenti è la rilevanza culturale del personaggio di Lara, che si è adattato al cambiamento dei tempi nell’aspetto, nello stile e nelle avventure.
Vita, morte fallita e miracoli di Lara Croft
1995: il designer Toby Gard lavorava per Core Design (studio non più attivo) nella città di Derby, Regno Unito; la sua idea era quella di creare un videogioco che avesse come protagonista un intrepido esploratore in missione in Egitto, un personaggio simile a Indiana Jones, l’archetipo di avventuriero e archeologo nell’immaginario collettivo dell’epoca. Tuttavia, per il suo personaggio il designer optò presto per un cambio di sesso e di nazionalità: Lara Cruz, un’archeologa di origini sudamericane. Tuttavia, dopo un veloce consulto all’elenco del telefono per trovare un’alternativa che gli suonasse più convincente, ecco che Lara Croft divenne il nome ufficiale dell’eroina, cambiandone di conseguenza anche le origini, inglesi. Il progetto, isnieme al suo personaggio, stava prendendo forma giorno dopo giorno, ma come spesso accade alle più celebri personalità prima di diventare tali, Lara viene rifiutata da Sony, che richiese agli sviluppatori più materiale (e migliore) per valutare la possibilità di finanziare l’intero progetto. Il designer e programmatore Gavin Rummery fu una figura fondamentale nella realizzazione di un prodotto più raffinato: il design si fece più elaborato, i livelli aumentarono non solo di numero ma anche di complessità, i controlli migliorarono per rendere Lara ancora più atletica e il gameplay più fluido. Sony ne fu positivamente colpita e decise di finanziare il progetto – e così fece Sega. Il 25 ottobre 1996, Lara Croft venne presentata al pubblico in tutti i negozi di videogiochi. Ne seguì uno spropositato successo di pubblico e di critica.
“Mi hanno detto che prendendo tutte le copie vendute di “tomb raider” e mettendole l’una sull’altra si ottiene una pila 27 volte più alta della tour eiffel”
Chris Deering, ex Presidente di Sony Computer Entertainment Europa
Fu così che il successo di Tomb Raider e in particolare della sua stella Lara Croft iniziò a decollare. Ma dopo soli tre anni dall’uscita del primo titolo, gli sviluppatori credettero di aver esaurito idee valide da inserire nel frachise e tentarono di uccidere il personaggio…invano. Proprio come succede ai grandi creatori di personaggi e universi narrativi che si rivelano ben più forti e influenti di loro (Arthur Conan Doyle tentò di eliminare Sherlock Holmes senza successo!) questo non fu possibile. In Lara Croft: The Last Revelation (2001), assistiamo impotenti alla presunta sepoltura di Lara sotto le macerie della Grande Piramide di Giza, mentre il suo vecchio mentore Werner Von Croy tenta invano di aiutarla…
Il titolo che segue, Tomb Raider: Chronicles, è il frutto delle insistenze di Eidos (produttrice della serie) su Core Design, che non voleva rinunciare ai profitti portati da Lara e – ragione probabilmente in secondo piano – al più generale successo e all’affetto dei numerosi fan. Il prodotto ci mostra i personaggi secondari – tra cui il fido maggiordomo Winston – in lutto per la morte della brillante ereditiera, i quali ricordano una serie di avventure vissute da Lara, un modo per celebrare la memoria di un’eroina che ha segnato la storia dei videogiochi. Ma il titolo si conclude con Von Croy che viene urgentemente condotto da uno degli scavatori della piramide all’interno dei resti, per una scoperta sensazionale: “We found her!” (“L’abbiamo trovata!”), sono le sue ultime parole: Lara è viva. Dopo Tomb Raider: Angel of Darkness (2003), il sesto titolo che ne segna l’ufficiale ritorno, molto meno apprezzato dalla critica e dal pubblico rispetto ai precedenti, Eidos passò al palla a Crystal Dinamic, che divenne principale sviluppatrice del franchise. Dopo una serie di successi tra cui il remake del primo titolo (Tomb Raider: Anniversary, 2007), si arriva a una svolta dal forte impatto culturale e probabilmente specchio del cambiamento dei tempi: il completo reboot (una rielaborazione del materiale originale, ovvero linea narrativa, personaggio, gameplay e universo di gioco) della serie e del personaggio di Lara nel 2013, con l’uscita di Tomb Raider.
Da Lara a Lara: un cambiamento (non?) necessario
Nel nuovo titolo, Lara è una giovane archeologa intraprendente ma inesperta, catapultata all’improvviso su un’isola sperduta, sola e spaventata, costretta a prendendere confidenza con tutte le abilità legate alla sopravvivenza, dalla semplice accensione di un fuoco fino all’uccisione di altri umani e animali per salvare la propria vita. Il nuovo titolo e i suoi successori sembrano tentare di espiare parzialmente le “colpe” della precedente Lara. Se l’archeologa degli anni ’90 non mostrava esitazione né pietà quando sparava ad animali selvaggi e mercenari che le mettevano i bastoni fra le ruote, la Lara del reboot caccia per sopravvivenza ed è profondamente scossa dalla prima vita che è costretta a togliere, sottolineando la natura non violenta di una giovane archeologa che si trova in circostanze più grandi di lei; se la cacciatrice di tombe originale presentava un corpo inverosimile e un seno prosperoso, quella del 2013 ha un fisico sì snello ma decisamente meno grottesco nelle sue forme non più irrealistiche; infine, la personalità di Lara non veniva particolarmente approfondita nei precedenti titoli bensì “suggerita” dai flashback e dalla storia personale di Lara, dalle sue battute sagaci e dai dialoghi con i personaggi, quella del reboot è più marcatamente esibita sullo schermo tramite scene dedicate alla sua emotività. Nonostante le nobili intenzioni e un videogioco più che risucito in tutti gli aspetti, un dubbio è inevitabilmente sorto: questa Lara è davvero Lara Croft?
Il cambiamento drastico di Lara non risulta evidente soltanto sui piccoli schermi: nel 2001, all’apice del successo della saga, uscì al cinema Lara Croft: Tomb Raider in cui Lara è interpretata da Angelina Jolie: tratti facciali spigolosi, fisico formoso e statuario, carattere forte e attitudine spericolata e senza paura, avventure rocambolesche e spesso comprensive di un elemento sovrannaturale, salti che sfidano le leggi della fisica e – non per ultima – l’iconica treccia lunga…è lei, la Lara di fine anni ’90 con almeno due pistole alla mano. Nell’adattamento cinematografico del reboot Tomb Raider (2018), Lara è interpretata dall’attrice svedese Alicia Vikander: viso dai tratti più morbidi, fisico snello e atletico, carattere risoluto e intraprendente di una ragazza inesperta ma decisa, capelli raccolti in una coda di cavallo, salti che hanno ripristinato (più o meno) le leggi della fisica: è la nuova Lara, quella dalla personalità più sviluppata, dalle sfumatre caratteriali più fragili e insicure…in poche parole, più umana. Ma anche sul grande schermo, un dubbio torna a insinuarsi nelle menti dei tanti appassionati, compresa la sottoscritta: perché si è sentito il bisogno di forzare umanità e realismo all’interno di un personaggio che non necessitava di nessuno di questi tratti per essere ampiamente apprezzato e amato?

Videogame influencer: Lara e i personaggi femminili
Inevitabilmente, la storia di Lara e la sua figura hanno subito polemiche di ogni genere, ben oltre il semplice disappunto per i suoi progressivi cambiamenti. Il suo corpo è sempre stato al centro di polemiche, in primis per uno spropositato seno che ha fatto discutere sia per una rappresentazione del corpo femminile pensata esclusivamente per i giocatori, sia per il timore che questo potesse influire sull’autostima delle giocatrici. Se da una parte la scelta di esaltare il seno di Lara può essere considerata una mossa di marketing evidentemente risultata efficace per attirare i giocatori più entusiasti all’idea di interagire con un personaggio simile, dall’altra (come spesso accade) ci si dimentica di considerare una ben più ampia fetta di videogiocatori che non includa esclusivamente un pubblico maschile eterosessuale. La sottoscritta ricorda bene l’impatto che Lara ebbe su di lei la prima volta che ne venne a contatto virtuale; tale impressione positiva non ebbe niente a che vedere con il seno del personaggio. Lara è stata una sorella maggiore, una figura di donna fisicamente ateltica (e sì, con un seno piuttosto buffo!), appassionata e studiosa di archeologia e con un’enorme villa a sua disposizione che – nonostante la sua condizione di ereditiera le consentisse un eterno “dolce far nulla” – usava per allenarsi e prepararsi alla prossima missione. Il fisico della prima Lara è una sorta di parodia del corpo umano (anche Duke Nukem, protagonista maschile dell’omonima serie videoludica, ne è chiaramente vittima!) chiaramente frutto della possibilità della computer grafica e non da un intento malevolo nei confronti dei giocatori. Paradossalmente, l’effetto che ha avuto su di me il passaggio del design del fisico di Lara da caricatura di donna formosa e muscolosa (a cui neanche per un momento ho pensato di paragonarmi!) a una sorta di bellissima supermodella che incarna l’ideale di corpo perfetto delle donne rappresentate nei media, ha leggermente smorzato l’entusiasmo che da sempre ho avuto nell’immergermi in questa saga.
Corpo realistico o meno, è bene ricordare il periodo in cui l’oggettificazione sessuale di Lara ebbe luogo – avvenne poco dopo il lancio del primo titolo: poster che la ritraevano in bikini (non tratte dai videogiochi) e immagini montate a effetto che la vedevano nuda o seminuda inondarono i forum e le chat, ed è giusto che lo si ricordi come un momento estremamente spiacevole e sicuramente specchio di una mentalità ahinoi non del tutto passata…lo stesso creatore Toby Guard ne fu profondamente amareggiato, tanto da abbandonare progressivamente la produzione della saga, per poi tornare più avanti negli anni come consulente.
Le donne nei videogiochi erano sempre state rappresentate come oggetti, dalle principesse da salvare alle dominatrici fantasy…fino all’uscita di Tomb Raider.
TOBY GARD, CREATORE DI TOMB RAIDER
Sebbene la sua principale attività sia quella di inoltrarsi nelle tombe, non le si può riconoscere il merito di avere in realtà aperto altri tipi di porte: quelle dei personaggi femminili nei videogiochi. Lara, come una sorta di martire videoludica, si è attirata l’ondata di polemiche, abusi della sua immagine e insulti – dal suo seno al suo completo reboot – che poi però, una volta superata con successo, ha fatto sì che le figure femminili nei videogiochi emergessero come personaggi principali e ha permesso ai designer, non più (inutilmente) timorosi di inserire donne protagoniste nei loro videogiochi per paura del flop economico, di dare il via libera alle loro idee. Vincitrice del Guinness World Record 2006 come “eroina più famosa dei videogiochi” per il merito di aver “varcato i confini del videogioco per diventare una personalità riconoscibile nella nostra società moderna“, Lara è un’eroina dentro e fuori il mondo videoludico.
Happy birthday, Miss Croft!
Che si celebri la nuova Lara perché più riconoscibile, realistica e umana, oppure quella vecchia per nostalgia, oppure non si faccia distinzione fra una Lara e l’altra ma ne si apprezzi la figura con tutti i cambiamenti portati dal tempo…tanti auguri, Lara Croft!