Dai troll scandinavi al ladro gentiluomo di Parigi

Mentre le produzioni americane continuano a riscuotere successo e attenzione, le serie TV, i videogiochi e i film creati in Europa si dimostrano all’altezza dei loro corrispettivi d’oltreaceano, lasicando il loro personale marchio europeo nel panorama dell’intrattenimento. Ecco 4 produzioni interessanti create in Europa negli ultimi anni!

Lupin: l’Europa del ladro gentiluomo francese

C’è chi non ne aveva mai sentito parlare, c’è chi lo conosce grazie alla presenza del nipote immaginario che ne segue le tracce nella serie anime a lui dedicata: ma Arsène Lupin è prima di tutto il protagonista di una serie di romanzi francese scritta da Maurice Leblanc all’inizio del ventesimo secolo. Denominato ladro gentiluomo, il Lupin letterario si destreggia fra travestimenti impeccabili, furti a fin di bene e arti marziali – non è da meno il protagonista della serie da poco pubblicata su Netflix con protagonista Omar Sy.  Se “a primo trailer” può sembrare che lo show si presenti come il BBC Sherlock francese, questa produzione non è esattamente un’interpretazione in chiave moderna del personaggio di Lupin, come è accaduto a Sherlock e Watson. Il protagonista Assane è semplicemente un grande ammiratore delle avventure del ladro gentiluomo e ne prende ispirazione per commettere una serie di truffe e crimini motivati da un forte desiderio di scoprire la verità su un lato della sua vita che, da ragazzino, l’ha segnato profondamente. E proprio durante quel periodo duro e complicato, la lettura delle avventure del ladro gentiluomo ha lenito parzialmente il suo dolore…ma l’oscura faccenda che Assane è intenzionato a risolvere è tutt’altro che dimenticata. La serie merita la visione non perché la si possa definire un capolavoro senza difetti (la bellezza di un’opera non risiede necessariamente nella mancanza di sbavature!) ma perché i cinque episodi della prima stagione condensano abilmente un mix di azione, mistero e dramma di stampo non americano (nessun affascinante squadra di gentleman in smoking alla Ocean’s Eleven, nessun abile agente dell’FBI!) che dimostra quanto anche i paesi europei sappiano portare il loro valido contributo ai generi più disparati.

Veronica: la possessione che ha sconvolto Madrid

Negli anni ’90, la polizia di Madrid venne messa di fronte a uno dei casi più cupi e inspiegabili mai affrontati. Estefania Guttieres Lazaro era un’adolescente che viveva con la madre, il fratellino e le sorelline – la ragazza aveva preso parte a una seduta spiritica con tanto di tavola Ouija a scuola, che era stata bruscamente interrotta da un’insegnante che aveva distrutto la tavoletta. Da quel momento, Estefania ha iniziato a manifestare comportamenti insoliti che sono diventati presto pericolosi e preoccupanti. Ciò che gli agenti di polizia videro nella casa della ragazzina quando ricevettero la chiamata d’aiuto risulta ancora privo di spiegazioni logiche (ascoltate la storia completa qui).

Ispirato alla vera storia di Estefania, quella che può sembrare un’ “ennesima storia di possesione demoniaca” si dimostra essere un ottimo prodotto cinematografico dallo stile fortemente spagnolo. L’angoscia provocata allo spettatore spesso non viene suscitata dai più popolari escamotage cinematografici del cinema horror, quali jumpscare, ma da soluzioni più subdole e interessanti. Seguiamo infatti la vita quotidiana e la abitudini di una ragazza qualunque, Veronica, assistendo a momenti veri e realistici della sua giornata (occuparsi dei fratellini vivaci, parlare con le amiche a scuola). Quando la giovane inizia a manifestare dei sintomi preoccupanti – da non sottovalutare la scena del pranzo a base di carne insieme ai fratellini – agli spettatori non resta che assistere impotenti al progressivo crollo della ragazza e della sua famiglia, in balia di forze oscure. Veronica non è necessariamente un film originale, ma una validissima aggiunta al sottogenere horror dedicato alle possessioni e all’esorcismo, raccontando con onestà quasi cruda gli effetti di una presunta possessione demoniaca sulla vita di una modesta famiglia di un quartiere operaio a Madrid. Da vedere obbligatoriamente in lingua originale, con sottotitoli! 

Darkwood: una Polonia cupa, pixelata e spietata

Amanti dell’horror, forse Veronica non vi ha spaventato a sufficienza? Il rimedio che fa per voi arriva dalla Polonia – non esattamente l’ultima arrivata in Europa in campo videoludico: la casa di sviluppo CD Projekt Red vi dice niente? Forse The Witcher vi suonerà più familiare. Anche il panorama indie polacco ci ha regalato piccole gemme che, fortunatamente, non sono rimaste nell’ombra, da This War of Mine al meno riuscito ma comunque chiacchierato Agony. Se c’è un elemento che accomuna titoli così diversi, è quello di un tono ben poco allegro dei temi trattati. E il titolo che stiamo per introdurre regna su tutti: Darkwood è un gioellino survival horror con una sorprendente prospettiva top-down, che di solito si addice più agli RPG. Senza entrare nei dettagli della storia che giustifica la presenza del personaggio giocabile al’interno di un’oscura foresta da cui difficilmente si esce, vi basti sapere che l’atmosfera del titolo è cupa e quasi asfissiante come in pochi altri videogiochi. Quando non ci si preoccupa di venire inseguiti dalle creature feroci, si fa strada l’angoscia per e la preoccupazione di essersi persi e non avere abbastanza tempo per tornare al riparo; e anche se finalmente troviamo un modo (o meglio, un oggetto) per gestire il nostro tempo, si farà sempre strada la preoccupazione di non avere materiale a sufficienza per costruire trappole e fortificare porte e finestre. Nemmeno all’interno della casa si è del tutto al sicuro durante la notte: scricchiolii, rumori assordanti, battiti e grugniti nella quasi totale oscurità, senza capire da dove provenga la fonte delle nostre paure, rendono Darkwood uno dei giochi più terrificanti dell’ultimo decennio. Come rircorda il prologo: il gioco è spietato, e nessuno vi guiderà per mano. Rispettate il bosco, siate pazienti e concentratevi.

Disponibile su Steam, PS4, Xbox One e Switch.

Röki: mitologia del Nord Europa in una piccola opera d’arte

I videogiochi prodotti dento e fuori dall’Europa ispirati a leggende e creature mitologiche nordiche hanno sempre incontrato le aspettative più alte: dall’inquietante indie Year Walk fino al titolo AAA God of War. Dalla Svezia, è arrivata l’anno scorso una bellissima aggiunta a questa serie di miti giocabili: Röki. La piccola Tove e il fratellino Lars si trovano catapultati in un mondo sospeso fra il reale e l’immaginario, dove la mitologia del loro paese spunta da ogni collina innevata sotto forma di troll, animali fantastici e leggende nordiche che costituiscono i soggetti di puzzle, misterie e storie da svelare. Un’avvertenza doverosa è quella di non lasciarsi ingannare troppo dal clima a prima vista fiabesco e sognante dell’avventura. Se la grafica di Röki è senza dubbio deliziosa ed elegante, l’aspetto narrativo presenta più di un elemento dark che verrà svelata piano piano che i giocatori portano avanti la storia di Tove e Lars. Sebbene non ci sia niente di particolarmente innovativo nel ciclo vitale di un’avvenutra grafica (raccolta di oggetti, risoluzione di enigmi causa-effetto, narrativa da portare avanti) Röki riesce a emergere come opera a sé stante, pregna di mitologia del Nord Europa che si respira nei nomi di personaggi e oggetti, nelle atmosfere, negli scenari, nel sound design, nella grafica e nella storia. 

Disponibile per Switch e su Steam.