Dal Dente Blu alla carne di Spam
Le usiamo quotidianamente: parole legate al mondo digitale, della pop culture e dell’universo nerd. Curiosi di conoscere l’etimologia della vostra parola preferita?
Bluetooth: il re delle connessioni
Ne conosciamo tutti il simbolo onnipresente sull’interfaccia dei nostri smartphone che, se attivato, ci permette di stabilire una connessione con altri dispositivi. Tale tecnologia digitale si chiama Bluetooth, in inglese Dente Blu. Sembra una parola un po’ troppo specifica per essere una trovata casuale? Infatti non lo è: il nome è quello di re Harald Gormsson, detto Dente Blu (Blåtand) re di Danimarca e Norvegia nel decimo secolo – e il simbolo sui nostri schermi non è nientaltro che l’unione delle due rune che formano le sue iniziali, ᚼ e ᛒ. Le ipotesi sull’origine del curioso nickname del re danese sono varie: le spiegazione più materiali lo attribuiscono a un dente malandato che appariva di colore blu oppure alla sua passione per i mirtilli; altre, più nobili, lo fanno risalire al titolo “Blue thane” (“signore blu”) con cui era conosciuto in Inghilterra o all’usanza di tingersi i denti di blu in battaglia. Quanto al perché della scelta della parola per descrivere l’odierno Bluetooth, re Harald ha il merito di aver unificato spiritualmente (e di conseguenza politicamente) la Danimarca, convertendo il popolo danese al cristianesimo alla fine del decimo secolo. Dopo tanti secoli, il re Dente Blu continua a unirci!
Villain: i contadini diventati…cattivi
Chi è un villano? Seppure sia una parola caduta in disuso, continuiamo a identificarlo come aggettivo che descrive una persona maleducata e dai modi estremamente sgradevoli. Ma torniamo ancora più indietro nel tempo: nel tardo latino, la parola “villa” (villa, villae) non identificava una magione grande e lussuosa, bensì una modesta abitazione campestre dei serve della gleba: in poche parole, una fattoria in cui abitavano contadini. Il villano era dunque il lavoratore della terra. Una spiegazione chiara sul perché il termine abbia poi assunto un’accezione negativa non soltanto nella lingua italiana, ma anche in lingue di altro ceppo quali l’inglese, non esiste – ma l’ipotesi più accreditata vuole che i contadini fossero visti come rozzi, ignoranti e maleducati. Ahinoi, tale spiegazione non si allontana molto dall’odierno disprezzo con cui spesso espirmiamo concetti legati alla lavorazione della terra, dal paragonare una persona a un contadino per la sua ignoranza o la mancanza di buone maniere, all’ invitare uno studente svogliato ad “andare a zappare”, associando tale attività alla mancanza di cultura e intelligenza. Siamo forse noi gli odierni villain linguistici?
Quel nerd di Doctor Seuss!
“Nerd” sembra quasi che il significato di questa parola sia in costante e continua evoluzione: dall’essere un termine dispregiativo affibiato agli appassionati e studiosi di matematica, informatica e altre materie prevalentemente scientifiche, fino alla sua connotazione leggermente più blanda e comprensiva di amanti dei fumetti, videogiochi e altri prodotti della cultura pop. Risulta incomprensibile a molti (la sottoscritta compresa) il perché l’essere particolarmente studiosi e interessati a qualcosa debbano essere due attributi personali da denigrare, ma sembra che questa parola non sia mai stata particolarmente lusinghiera. Nel 1950, il noto autore di letteratura per l’infanzia conosciuto con lo pseudonimo di Dr.Seuss pubblicò If I Ran the Zoo, una storia in cui un bambino, insoddisfatto dalla scarsa varietà di animali presenti nello zoo, immagina quali creature importerebbe lui se ne fosse il gestore – tra queste, una creatura molto pelosa e spettinata che indossa una maglietta: il Nerd. Sebbene questa sia l’ipotesi più popolare sull’origine della parola, ne esistono altre. E tanto per rimanere in tema, cosa più esserci di più nerd di una pagina web dedicata all’etimologia della parola nerd?
Bug: niente insetti nel telefono, grazie
Non è stato riconosciuto un vero e proprio “creatore” (intenzionale) del termine o un momento preciso in cui si sono iniziati a identificare gli errori tecnici di programmazione e sviluppo come “insetti”, bug. Tuttavia, la storia della sua progressiva apparizione nei documenti e della sua entrata nel linuaggio corrente parla chiaro. Il concetto di errore tecnico per come lo conosciamo oggi (ma non la parola bug) fu introdotto dalla programmatrice Ada Lovelace nel 1843, che nelle sue lettere menziona dei malfunzionamenti nelle “cards” usate all’epoca, che di conseguenza causano un errore nell’intero sistema del motore della macchina analitica inventata da Cahrles Babbage. Ma la parola “bug” viene poi ufficialmente menzionata da Thomas Edison nel 1878 in una lettera in cui racconta di aver trovato un piccolo insetto (reale!) all’interno di un apparato telefonico; il piccolo animale aveva, secondo Edison, trovato un ambiente ideale in cui stabilirsi e adattarsi.
Menù del giorno: Spam!
Nel 1937, venne lanciata sul mercato statunitense una nuova marca di carne in scatola: Spam, che in seguito venne venduta in ben 41 paesi. Difficile immaginare una connessione con l’odierno significato delle parola spam, ovvero l’eccessiva pubblicità o la generale insistenza sullo stesso arogmento o concetto in chat e forum? Ebbene, il merito dell’odierna accezione del termine va alla popolare serie comica britannica Monthy Python. In particolare, lo sketch intitolato “Spam” mandato in onda nel 1972 vede due personaggi principali che si recano in una piccola tavola calda per mangiare – il menù, però, non brilla per varietà di piatti: quasi tutti contengono la famosa carne in scatola Spam, che sembra impossibile eliminare dalla pietanze (“uova e spam”, “spam, spam, spam, uova e spam”…). Un gruppo di avventori vichinghi inizia quindi a cantare una canzone dedicata proprio alla pietanza in questione, che naturalmente recita “Spam, Spam, Spam…”. Un’ulteriore curiosità: il linguaggio di programmazione Python (anche questo un omaggio alla popolare serie britannica) utilizza come variabili sintattiche “spam”, “ham” ed “eggs” in onore del famoso menù dello sketch!
È già passato…il cursore?
Un indicatore mobile, spesso a forma di freccia o di mano, che fa da mediatore fra noi e l’interfaccia dei nostri schermi: è il cursore. Per spiegare l’etimologia del termine, si deve far riferimento ancora una volta al latino: il verbo currere ha un significato intuibile, ovvero “correre”. Nel dodicesimo secolo, i cursores (plurale di cursor, cursoris, “colui che corre”) erano gli attendenti di palazzo che si occupavano di chiamare, radunare e invitare i partecipanti alle funzioni ecclesiastiche, oltre che di rappresentare il papa in diverse occasioni. Più tardi, i cursores divennero veri e propri messaggeri (runners!) incaricati di trasportare importanti pergamene e involucri, mediando la comunicazioni fra le più importanti figure ecclesiastiche. Dal sedicesimo secolo, il significato di cursor inizia ad avviciarsi alla parola odierna, pur conservando il significato originale legato al movimento: il cursore è adesso la parte scorrevole di un qualsiasi strumento o dispositivo usato per prendere misure. Si arriva poi all’invenzione del computer, che ha semplicemente “esteso” e modernizzato il concetto di cursore (che rimane comunque ancora in uso in altri ambiti). La tecnologia si evolve – e con lei la parola!
Tecnologia
E chiudiamo questa carrellata di etimologie interessanti con la “madre” della maggior parte dei termini descritti: tecnologia. Se usata singolarmente, quasi tutti diamo per scontato che si stia facendo riferimento al mondo digitale e ai suoi progressi. Tuttavia, la parola tecnologia ha origini antichissimi e un significato molto più vasto di quanto si pensi. Sbiriciamo, questa volta, nel dizionario di greco antico: τέχνη (techné) ha molteplici significati (come molti dei termini greci a seconda del contesto in cui li si usa!) ma tra i principali troviamo “abilità tecnica o manuale, mestiere, professione, abilità”; la parola λογία (loghìa), invece, è usata per identificare “il discorso, la parola, il racconto”. Di conseguenza, la “tecnologia” è la parola che descrive “un trattato sull’arte”, ovvero una riflessione sulla capacità di adattamento e creazione di strumenti volti all’adattamento degli essere viventi. La tecnologia delle tartarughe, per esempio, consiste nel proteggersi con una robusta corazza in cui rifugiarsi nel momento del bisogno. In poche parole, la tecnologia designava il “sapere fare” di tutte le creature che si ingegnano a progettare e sviluppare metodi e tecniche per sopravvivere, raggiungere un fine e superare ostacoli. L’essere umano, per esempio, ha creato la penna in tempi antichi: e cos’è la penna se non una tecnologia per scrivere e facilitare le comunicazioni fra umani? Con l’avvento delle grandi scoperte scientifiche, dal sedicesimo secolo, la parola tecnologia ha cominciato a confondersi sempre di più con i concetti di scienza e la tecnica. Parlare di tecnologia riferendosi ai computer, ai videogiochi, all’intelligenza artificiale, al cinema in 3D e a qualsiasi progresso in campo digitale non è affatto sbagliato (il cuore del significato originale non è andato perduto) ma, se proprio vogliamo trovare un modo per essere più precisi possibile senza esludere le altre meravogliose “tecnologie” dell’umanità, forse sarebbe meglio parlare di tecnologia digitale!