Home Varietà Le arti nei videogiochi: scrittori, pittori e musicisti giocabili

Le arti nei videogiochi: scrittori, pittori e musicisti giocabili

Tra poetesse del terrore e robot canterini

Non ci riferiamo all’arte che ispira videogiochi: di come gli universi narrativi dei giochi digitali abbiano preso spunto dall’estetica e dalle caratteristiche di correnti artistiche antiche, moderne e contemporanee abbiamo già parlato (in questo articolo!); non parliamo neanche delle figure professionali, gli artisti 2D e 3D che fanno parte del team di sviluppo di un videogioco. Parliamo invece di arti e artisti nei videogiochi, quei personaggi giocabili – spesso protagonisti – che, nel mondo di gioco a cui appartengono, svolgono la professione di musicisti, pittori e scrittori. In che modo tali mestieri sono presentati e rappresentati nei videogiochi? E come questi influenzano o danno forma alle meccaniche e dinamiche del gioco stesso (se lo fanno)? Vediamo alcuni delle più note arti all’interno del mondo ludico digitale.

Scrittori: dal blocco artistico di Alan Wake alle poesie del Doki Doki Literature Club!

Dallo scrittore di romanzi rosa Paul Sheldon e la sua terrificante fan numero uno Annie Wilkes in Misery di Stephen King all’ottocentesca scrittrice ribelle Jo March in Piccole donne, i personaggi fittizi della letteratura, del cinema e della televisione che dedicano le loro vite alla scrittura sono innumerevoli. Seppur più raro, anche nei videogiochi gli scrittori si sono aggiudicati ruoli di tutto rispetto da protagonisti – tra i più popolari c’è Alan Wake, protagonista dell’omonimo videogioco del 2010 sviluppato da Remedy Entertainment. L’action-adventure che già si annovera già fra i titoli cult del genere vede al centro della (dis)avventura uno scrittore di romanzi gialli alle prese con un blocco creativo che la moglie, inizialmente a sua insaputa, cerca di debellare organizzando una piacevole vacanza presso un lago di montagna…e un incontro con un noto psicologo. La professione di Alan non è qui marginale né irrilevante (come potrebbe esserlo nel caso di Jack Torrance in Shining) bensì è la vera e propria causa scatenante delle dinamiche narrative che dominano l’universo di gioco – la confusione fra realtà e finzione letteraria dà vita a un incubo da cui soltanto Alan, in quanto scrittore, è in grado di divincolarsi per terminare il suo racconto.

L’elemento dark non abbandona l’atmosfera di gioco neanche nel più recente e caotico Doki Doki Literature Club!, una visual novel giapponese che rivela ben presto anche la sua natura di meta-horror psicologico che richiede l’intervento dei giocatori stessi (in quanto giocatori veri e propri e non avatar virtuali) per mettere fine alle angherie della perfida Monika. Come si inserisce la scrittura nel titolo? Sotto forma di poesie, quelle che il club Doki Doki club si riunisce per condividere e commentare. Il gruppo di giovani poeti è composto dal protagonista e da quattro ragazze rispondenti alle tipologie dei personaggi femminile giapponesi nella cultura popolare (la più timida e introversa, la più aggressiva all’apparenza, la leader del gruppo…). Sono proprio le poesie dei cinque membri del club che i giocatori sono chimaati a scrivere (o perlomeno, contribuire alla loro scrittura). Lo fanno in un minigioco che precede la scena in cui il club si riunisce, permettendo ai giocatori di scegliere le parole da inserire nel proprio poema –  la scelta dipende da quale delle ragazze si è intenzionati a conqusitare. Per attirare l’attenzione della timida e malinconica Yuri, per esempio, è consigliabile scegliere concetti legati alla tristezza, all’oscurità e alla paura. Sono quindi proprio le parole ad avere un impatto significativo sui personaggi: un po’ come nella vita!

Pittori tormentati e strati di paura

Gli artisti, si sa, hanno spesso in sé una vena di follia che va a braccetto con il loro genio (e forse lo completa). Basti pensare alla turbolenta vita di Caravaggio, o alla malattia mentale del talentuoso Van Gogh; il personaggio videoludico che più si avvicina ai pittori maledetti della nostra storia è quello al centro della cupa vicenda di Layers of Fear, “Strati di Paura”, sviluppato da Bloober Team (titolo più recente: Blair Witch) e rilasciato nel 2016. L’horror psicologico ambientato negli anni ’20 del ventesimo secolo segue il progressivo crollo psicologico di un pittore intenzionato a completare la sua magnus opus. Le meccaniche predominanti sono l’esplorazione e la risoluzione di classici enigmi ambientali, che consentono ai giocatori di scorprire gli orrori che hanno dominato la vita del pittore (o di cui lui stesso è l’artefice?) strettamente connessi alla sua follia artistica. Il finale differisce leggermente nei dettagli, a seconda delle scelte a cui i giocatori danno la priorità durante l’esperienza. Va ricordato l’inimitabile trailer, che racchiude brillantemente in sé lo spirito del gioco e il pensiero distorto del suo inquietante protagonista.

“La vedi, adesso? La vedi come lo vedo io??”

Musica, Maestre: dall’operetta di Portal alla Canzone del Leone

Tra le tre arti presentate, la musica è la più ricorrente nei videogiochi – colonne sonore a parte, esistono veri e propri giochi che sfidano il senso del ritmo dei giocatori (i rhythm games) e non è difficile pensare a personaggi che impugnano uno strumento musicale (Ellie e la sua chitarra sono già iconiche!), per non parlare delle canzoni cantate dai personaggi stessi all’interno del mondo di gioco. Quest’ultimo caso è emblematica GLaDOS, intelligenza artificiale dalla voce femminile che guida i giocatori ell’esplorazione di una serie di stanze molto simili ma dalle quali diventa sempre più complicato uscire in Portal e Portal 2. Oltre alle battute sarcastiche (talvolta estremamente pungenti) dell’AI più famosa dei videogiochi, vengono ricordate anche le doti canore di GLaDOS: infatti, alla fine del primo e del secondo titolo, la robot dedica delle canzoni dalla melodia molto piacevole ma dal testo altamente passivo-aggressivo alla protagonista del gioco. Deliziatevi con Want you Gone, in cui GLaDOS comunica non troppo velatamente il suo pensiero sulla protagonista del gioco, esattamente ciò che fa anche in Still Alive nel primo titolo. Entrambe le canzoni sono eseguite da Ellen McLain, la doppiatrice del personaggio.

Traduzione italiana

Non dimentichiamo neanche l’esibizione delle deliziose turrets del videogioco poco prima che i titoli di coda inizino a scorrere in Portal 2: i piccoli ma letali nemici robotici cantano l’opera lirica “Cara mia” (inesistente, creata apposta per Portal 2!) con cui salutano la protagonista Chell – sembra che la lirica sia ancora il genere che più frequentemente si associa all’Italia, alla maestosità e all’eleganza, perfetta per i “grandi addii melodrammatici”: proprio questo è l’effetto che la scena finale vuole ottenere!

C’è poi un titolo sviluppato in Austria che fa delle arti – in particolare musica e pittura – la componente principale dell’esperienza di gioco, dalla narrativa alle meccaniche: The Lion’s Song. Il gioco, sviluppato da Mi’pu’mi e pubblicato nel 2016, è diviso in episodi, di cui sono protagonisti personaggi diversi. Nel primo episodio, la giovane compositrice Wilma si rifugia sulle Alpi per completare il suo pezzo più importante. A differenza dello scrittore Alan Wake, le meccaniche di gioco non sono qui nettamente separate dall’espediente narrativo del gioco (che Alan sia uno scrittore o uno spazzacamini, i nemici vanno eliminati con le armi e la luce e gli indovinelli ambientali non hanno niente a che vedere con la letteratura!) bensì si legano e si integrano alla perfezione con la storia. Se l’obiettivo di Wilma è trovare l’ispirazione, il nostro è quello di aiutarla cercando, all’interno della casa, oggetti e aree su cui cliccare che possano farle ricordare o pensare a qualcosa di stimolante. Starà poi sempre a noi giocatori decidere cosa davvero la spinge a scrivere la melodia: la passione per la musica, l’amore, l’ambizione…?

Nel secondo episodio, troviamo un giovane pittore in procinto di scegliere un soggetto per il suo prossimo ritratto – il ragazzo non sembra attirarsi le simpatie, né tantomento soddisfare i gusti, di alcuni dei presenti nella sala in cui lo troviamo all’inzio. Le scelte che ci si pongono davanti riguardano la scelta del soggetto e, in seguito, la ricerca della loro completa personalità da ritrarre su tela. La meccanica di gioco di questo secondo capitolo è particolarmente interessante: attraverso scelte di dialogo, i giocatori fanno emergere svariati lati della personalità del proprio soggetto; la vecchia attrice incontrata al mercato, per esempio, è allo stesso tempo una donna anziana con dolori e acciacchi dell’età, una talentuosa artista che non ha perso la passione e la voglia di esibirsi, una persona malinconica che vive di ricordi. Le sfumature del carattere dei personaggi si manifestano sottoforma di ombre che il pittore visualizza e provvede subito a ritrarre sulla tela. Solo svelando tutte le sfaccettature di una persona – non visibili dall’esterno – un vero artista può dipingere un ritratto degno di essere chiamato tale.

Avete mai pensato alla presenza di arti nelle altre arti? Come vengono rappresentati i musicisti in un film? Come può la musica raccontare le difficoltà di un pittore? In che modo il disegno illustra un blocco letterario? I videogiochi hanno contribuito a includere le professioni artistiche nelle loro componenti narrative, nella grafica, nelle meccaniche e nelle dinamiche, rendendosi a tutti gli effetti “un’arte che racconta le arti”!