Popolarità e successo: due concetti diversi
Spesso, “popolarità” e “successo” sono confusi tra loro, e individuati come sinonimi. Tuttavia, anche in campo videoludico, ciò è errato, seppur la differenza sia sottile. Mentre la popolarità si classifica come “notorietà” e “fama” di qualcosa o qualcuno, il successo rappresenta principalmente la buona riuscita di un’azione, e, in casi come questo, il buon lancio sul mercato di un videogioco. La discrepanza tra questi due concetti, nell’ambito videoludico, è legata anche alla diffusione di determinati generi: è qui che si colloca maggiormente la definizione “di nicchia”, stando ad indicare un filone poco seguito e sfruttato nel mercato dei videogiochi. Gli sviluppatori che, invece, cercano di percorrere la strada più veloce per arrivare al “successo”, scelgono di produrre titoli appartenenti a generi videoludici più blasonati e diffusi.
Videogiochi “commerciali”: analisi ed esempi
Come detto, il raggiungimento del “successo”, nell’ambito dell’intrattenimento digitale, è, nella maggior parte dei casi, possibile grazie allo sfruttamento di generi celebri e affermati. Principalmente, le case produttrici sviluppano videogiochi appartenenti ai filoni più diffusi: tra i più importanti, individuiamo l’action, lo shooter, il gioco di ruolo, lo sportivo e l’adventure. Questi ultimi generi sono certamente i più osservati e ricercati nel mercato, e, proprio per questo, possiamo affermare con certezza che tutti i titoli appartenenti a queste categorie siano “commerciali”. Tuttavia, conformarsi alla massa, in questo caso, non necessariamente consente la conquista del successo, ma, al contrario, a meno che non si tratti di un videogioco “tripla A”, si conclude nel confondersi in un oceano di produzioni pressoché anonime e prive di identità. In queste occasioni, sviluppare videogiochi commerciali è chiaramente riassumibile nel seguire l’onda del mercato videoludico, limitandosi a creare degli scialbi cloni di altri titoli più famosi, non aggiungendo nulla di particolarmente interessante o in grado di apportare sostanziali modifiche al genere di appartenenza.
Oltre ai sopracitati, un lampante esempio di un genere di videogiochi divenuto “commerciale” negli ultimi anni è, naturalmente, quello del battle royale. In questa modalità di gioco, un numero determinato di giocatori (100 nella maggior parte delle produzioni) viene paracadutata dal cielo in una vasta mappa; gli utenti, privi di equipaggiamento, dovranno esplorare l’arena alla ricerca di armi, armature, oggetti curativi e quant’altro, prestando attenzione al graduale rimpicciolimento di un cerchio all’interno della mappa, la cui parte esterna causerà danno al giocatore, nel caso esso rimanga fuori dall’area ancora “sicura”. I combattenti dovranno affrontarsi per tutta la durata della partita, fino a quando non ne rimarrà vivo soltanto uno (o una sola squadra, nelle modalità a team). Playerunknown’s Battlegrounds, pubblicato per la prima volta nel 2017 per Microsoft Windows, è riconosciuto come il titolo multiplayer online ad aver dato inizio al trend dei videogiochi battle royale. Tuttavia, nello stesso anno e, soprattutto, nel 2018, inizierà a scalare le classifiche Fortnite: Battle Royale, sviluppato da People Can Fly, e pubblicato da Epic Games. Da allora, sulla scia del successo di Fortnite, numerosi videogiochi battle royale, quasi tutti free-to-play, sono stati pubblicati, spesso dando filo da torcere al titolo di Epic, come Apex Legends nel 2019 e, soprattutto, Call Of Duty: Warzone, nel 2020.
Per l’appunto, i titoli appartenenti al genere battle royale ricadono quasi sempre nella categoria dei videogiochi free-to-play. Queste produzioni, non creando introiti dal semplice acquisto del gioco, basano la loro potenza economica sulle microtransazioni: le spese direttamente all’interno del titolo riguardano soprattutto l’acquisizione di skin ed elementi prettamente estetici, attraverso la valuta di gioco, comprata con denaro reale. In altri casi, ovviamente più gravi, le microtransazioni trasformano il lato multiplayer online del videogioco in questione in un pay-to-win: in questo frangente, chi spende maggiormente, ha più probabilità, appunto, di vincere, o, comunque, guadagna un considerevole vantaggio sui giocatori più “parsimoniosi”, che preferiscono andare avanti con le sole proprie forze.
Videogiochi “di nicchia”: mercati non ancora sfruttati
Il successo, in ambito videoludico, non è sempre ottenibile grazie alla fruizione di una “moda”, come già esplicitato, ma, spesso negli ultimi tempi, abbiamo assistito a vere e proprie “esplosioni” di trionfo relativamente a diversi titoli, che, normalmente, collocheremmo in generi “di nicchia”. Tra i filoni meno sfruttati, e sicuramente meno puntati dai riflettori del pubblico, troviamo: la visual novel, lo strategico cosiddetto 4X (esplorare, espandere, sfruttare e sterminare) , il tower defense, il metroidvania e il roguelike. Notiamo anche alcuni sottogeneri prima celebri, poi caduti nel dimenticatoio, come l’FPS “Arena”. Sviluppare videogiochi “di nicchia” non corrisponde, ovviamente, all’andare incontro a mode e tendenze, ma può sempre riservare delle sorprese, proprio grazie alla loro natura poco conosciuta e spesso molto innovativa. Spesso, le suddette sorprese arrivano dal mercato indie, in cui sviluppatori indipendenti pubblicano titoli che, in alcuni casi, sono di pregiata fattura e, per loro stessa inclinazione di indie, perle rimaste nell’ombra e limitate a un piccolo pubblico.
Nel genere delle visual novel, individuiamo i titoli più famosi nella saga di Ace Attorney, che ci mette nei panni di un avvocato alle prime armi; Doki Doki Literature Club! ci rende uno studente liceale alle prese con uno stravagante club di letteratura; Steins;Gate, che ci catapulta in una Tokyo coinvolta in un ciclo di viaggi nel tempo. Per i tower defense, troviamo il celebre Plants VS Zombies, e l’acclamato browser game Kingdom Rush (e relativi sequel spin-off, sviluppati anche per dispositivi mobili). Nel campo degli strategici a turni, nel dettaglio di quelli 4X, non possiamo non citare l’acclamata serie di Civilization, nello specifico il suo ultimo capitolo, Civilization VI. La più recente iterazione della raccolta di strategici firmati Sid Meier ha ottenuto un grande successo di pubblico e di critica: le principali testate giornalistiche a tema videoludico hanno definito Civilization VI un capolavoro vero e proprio. Il titolo di Firaxis Games integra perfettamente le nuove caratteristiche nel gameplay tradizionale, rendendo ogni partita interessante e coinvolgente, dal primo all’ultimo turno. 19 civiltà giocabili, città da costruire, guerre da condurre, diplomazia da esercitare, società da gestire, e molte espansioni per continuare l’esperienza di gioco.
Nell’ambito dei roguelike, protagonista indiscusso dell’ultimo decennio videoludico è stato The Binding of Isaac, sviluppato da Edmund McMillen e Florian Himsl. Il titolo è divenuto molto famoso, negli anni, grazie a un notevole successo riscosso sulle piattaforme di video broadcasting e live streaming, in primis le blasonate YouTube e Twitch. Il giocatore dovrà farsi strada, impersonando Isaac (o, comunque, uno dei personaggi giocabili), attraverso numerosissimi livelli, strutturati come dungeon, che altro non sono che piani della sinistra cantina della devota madre di Isaac. Sussiste il concetto di morte permanente: per evitare il game over, sarà saggio armarsi nel migliore dei modi presso i vari negozi (e stanze apposite) esistenti, con cui si potrà interagire disponendo del denaro ottenuto esplorando i diversi livelli. Col tempo, nuove versioni del gioco sono state pubblicate, introducendo moltitudini di nuovi contenuti, tra boss inediti da battere e singolari personaggi da sbloccare e utilizzare.
Infine, per il genere dei metroidvania (videogiochi che fondono meccaniche di gameplay molto simili a quelle delle serie di Metroid e Castlevania), individuiamo, come celebre esempio, Hollow Knight, titolo sviluppato da Team Cherry, grazie ad un finanziamento su Kickstarter. Nel gioco, ci caliamo nei panni del Cavaliere, un esserino insettiforme che si inoltra nel regno di Nidosacro: Hollow Knight presenta anche elementi platform, sviluppando i suoi livelli in orizzontale e in verticale. Il giocatore dovrà avventurarsi per i vari scenari, sconfiggendo nemici a suon di spadate: naturalmente, le abilità di combattimento potranno essere migliorate e sbloccate con il tempo, interagendo anche con i negozi presenti in giro per il mondo di gioco. Il titolo di Team Cherry fonde elementi adventure ed elementi action, creando un connubio di generi ottimamente accolto dalla critica e dal pubblico, che ne hanno lodato il gameplay, l’ambientazione e il comparto tecnico, nonché la non sottovalutabile difficoltà del gioco.
Quando un videogioco diventa un “fenomeno commerciale”?
Negli anni, alcuni videogiochi hanno guadagnato un tale successo da diventare dei veri e propri fenomeni commerciali. Si può descrivere questo processo solamente esponendo tre esempi celebri, corrispondenti a tre importanti titoli, pubblicati negli ultimi tempi: Minecraft (2011), Grand Theft Auto V (2013) e Fortnite: Battle Royale (2017).
Il primo, sviluppato e pubblicato il 18 novembre 2011 dall’allora indipendente Mojang, ha raggiunto un successo esponenziale sotto la forma di videogioco indie, vantando un’idea di fondo molto innovativa (basando il proprio gameplay su esplorazione, avventura, sopravvivenza, crafting e creatività) che è riuscita a catturare milioni di giocatori in tutto il mondo. Nel 2014, Minecraft e Mojang vengono acquistati da Microsoft per la cifra record di 2,5 miliardi di dollari: all’epoca, il titolo stava avvicinandosi al suo picco assoluto di popolarità tra i videogiocatori, e di conseguente successo sul mercato videoludico. Ad oggi, Minecraft conta circa 126 milioni di giocatori attivi ogni mese, il franchise derivato è tra i più redditizi di sempre, e, soprattutto, è divenuto il videogioco più venduto della storia, con pressappoco 238 milioni di copie vendute. Dunque, il percorso intrapreso da Minecraft verso lo status di “fenomeno commerciale” si è costruito sulla base di un videogioco innovativo e originale.
Il secondo, sviluppato da Rockstar North e pubblicato da Rockstar Games e Take-Two Interactive il 17 settembre 2013, ha infranto ogni record, arrivando a generare un profitto di 800 milioni di dollari solo nel primo giorno di pubblicazione, e di 1 miliardo di dollari al terzo giorno dall’uscita. Il titolo era costato, tra sviluppo e marketing, più di 200 milioni di euro: il budget è stato, dunque, completamente ripagato solo nelle prime ore del day one. Grand Theft Auto V ha generato anche Grand Theft Auto Online, che, dalla sua uscita, nel 2013, ha inglobato così tanti contenuti da poter essere considerato un gioco a sé stante. Ad oggi, GTA V ha raggiunto la quota di 150 milioni di copie vendute, il che lo rende il secondo videogioco più venduto di sempre, dopo il sopracitato Minecraft. Il blockbuster di Rockstar Games, per divenire un “fenomeno commerciale”, ha percorso la via della perseveranza in una formula già collaudata con le precedenti iterazioni, e del credere in una saga già di successo come quella di Grand Theft Auto, non temendo che il nuovo prodotto potesse risultare come qualcosa di “già visto”. In effetti è così, se si vanno ad analizzare quelle che sono le meccaniche di gameplay, e la formula di open world utilizzate. Tuttavia, Rockstar ha superato i suoi limiti, regalando ai giocatori un titolo formidabile e che quasi guadagna la nomina di capolavoro, pur mantenendo le stesse caratteristiche dei predecessori.
Il terzo, come già detto, è stato sviluppato da People Can Fly, e pubblicato da Epic Games nel 2017, come modalità multiplayer online gratuita di Fortnite. La versione battle royale del titolo, essendo free-to-play, è stata ovviamente la più giocata. Data la sua sopracitata natura di free-to-play, Fortnite: Battle Royale, come altri titoli del genere, basa il suo potenziale di profitto sulle microtransazioni: esse riguardano solamente l’acquisto di skin ed altri elementi puramente estetici. Il prodotto di Epic Games ha ottenuto il suo successo soprattutto tra i giovanissimi, dai ragazzini sino ai bambini, oltre che il primo posto nelle classifiche delle piattaforme di streaming come videogioco più trasmesso. Il titolo è diventato anche uno dei più importanti nell’ambito degli eSports, arrivando a totalizzare un montepremi cumulativo delle sue competizioni di 7,88 milioni di dollari, solo nel 2020. Inoltre, il profitto generato da Fortnite: Battle Royale, unendo le annate del 2018 e del 2019, risulta essere di circa 9 miliardi di dollari. Epic Games ha anche causato la delusione di molti veterani degli FPS Arena, dato che la casa di Cary ha deciso di abbandonare lo sviluppo di Unreal Tournament 4, per dedicarsi interamente al suo battle royale. Fortnite ha, dunque, seguito la via del conformarsi alla massa, offrendo una sua stessa componente battle royale al pubblico, ed Epic, ancora una volta, è riuscita a rivoluzionare un genere videoludico, ponendo sul piatto eventi, collaborazioni con grandi artisti musicali (tra i quali citiamo Marshmello, Travis Scott e Ariana Grande) e molto altro ancora. Tutto ciò ha contribuito a far rimanere Fortnite sotto la luce dei riflettori per molto tempo, trovando sul suo cammino, a volte, spudorati cloni e degni avversari, tra cui citiamo le valide alternative Apex Legends e Call Of Duty: Warzone, nonchè Playerunknown’s Battlegrounds.
Il mercato videoludico odierno: deduzioni
Negli ultimi anni, dunque, il mercato dei videogiochi ha subito diversi cambiamenti. L’attenzione del pubblico si è posata su molteplici generi lungo gli scorsi 15 anni: abbiamo conosciuto gli FPS Arena (Serious Sam, Unreal Tournament, Quake), gli FPS tattici (Counter Strike, Call Of Duty, Battlefield), passando per i giochi sportivi (FIFA, PES, WWE 2K, NBA 2K), gli open world (Grand Theft Auto, Watch Dogs, Assassin’s Creed), per finire con i più “attuali” battle royale (Fortnite, Apex Legends, Call Of Duty: Warzone, Playerunknown’s Battlegrounds). Tuttavia, l’ormai frequente apparire di diversi videogiochi “di nicchia” validi, sul mercato, ci consente di capire che ci sono numerose sfaccettature del mondo videoludico ancora non sfruttate a pieno. Queste nicchie di mercato, a volte, possono regalare diversi titoli molto interessanti, che, in casi rari, diventano dei fenomeni commerciali incredibili: esempio di ciò è il celebre Minecraft.
In conclusione, possiamo affermare con certezza che anche i mercati meno sfruttati possono offrire videogiochi validi, magari utilizzando un budget molto meno consistente, rispetto a quello usato per le produzioni più grandi e più tenute d’occhio dal pubblico.