Scegli la tua avventura!
Quando si pensa alla narrativa, ci si immagina una concatenazione fissa, cronologica e lineare di eventi narrati in un romanzo, un film, un episodio, un’autobiografia. Tuttavia, esiste un tipo di narrativa non fruibile in modo unidirezionale. Si tratta della narrativa interattiva, quella che lascia ai suoi fruitori (siano essi spettatori, lettori o giocatori) la possibilità di prendere decisioni che andranno a cambiare il corso degli eventi.
Kinoautomat e l’illusione della scelta: il primo film interattivo
Esposizione universale 1967, Montréal (Canada). Il regista e sceneggiatore cecoslovacco Radúz Činčera presenta il suo film Kinoautomat in una sala attrezzata appositamente per la peculiarità da lui introdotta nella visione di un normale lungometraggio: l’interattività. Installati sul bracciolo dei 127 sedili in sala si trovano due pulsanti, uno rosso e uno verde. Guidati da un imbonitore che interrompeva la visione del film in mometi precisi della narrazione, gli spettatori venivano invitati a scegliere fra due scenari che avrebbero cambiato il corso degli eventi. A seconda del voto della maggioranza, il film proseguiva nella direzione determinata dal suo pubblico: far entrare la ragazza in asciugamano o dirle di andarsene? Rispettare uno stop o ignorare il vigile urbano che intima al personaggio di fermarsi?
Nonostante l’innovazione di un medium dalla fruizione passiva, il finale di Kinoautomat era solo uno e prescindeva dalla volontà degli spettatori. La scelta del regista di non inserire finali alternativi in linea con le decisioni del pubblico era stata guidata da un’intenzione ben precisa: quella di sbeffeggiare il governo del suo paese, che illude i cittadini di avere libertà di scelta, quando in realtà tutto è già stato determinato e deciso da poteri superiori.
Kinoautomat è il primo film interattivo della storia, o quello che in un futuro prossimo si sarebbe chiamato FMV, full motion video…game. Sì, perché come è destinato a succedere, l’interattività applicata a qualsiasi medium storicamente passivo, trascina inevitabilmente tale medium nel reame del gioco. Il successo dei videogiochi FMV è stato altalenante e, seppur considerato di nicchia, il filone non ha mai smesso di generare prodotti di alta qualità, alcuni diventati cult. Parliamo degli anni ’90 e dell’iconico Night Trap (1992). Paragonabile alla qualità medio-bassa e all’ilarità (talvolta involontaria) dei B-movie, il gioco in full motion mette il giocatore/spettatore nei panni di un agente incaricato di monitorare una serie di video ripresi da telecamere da una sala di controllo. Installate in casa di una famiglia di vampiri, le telecamere riprendono le conversazioni e le situazioni che hanno luogo in tutte le stanze della casa: ignare della reale natura dei loro ospiti, infatti, alcune ragazze sono state invitiate nella tana del lupo con la scusa di un party…starà a voi attivare le trappole al momento giusto e giostrarvi fra il cambio continuo di codici e allarmi mentre ascoltate le conversazioni e le interessazioni più o meno assurde fra i personaggi.
Anche dopo il loro decennio più fortunato – non dimentichiamoci dell’ibrido full motion e fondali disegnati Phantasmagoria (1996), scritto da Roberta Williams – i giochi FMV non hanno mai definitivamente abbandonato la scena videoludica. Il team britannico D’Avekki Studios è un esempio perfetto di produzione attiva di FMV, dal loro thriller psicologico The infectious madness of Doctor Dekker al giallo di stampo fantasy The shapeshifting detective. Tutti i loro FMV game vantano un cast eccellente, così come le ulteriori (sporadiche ma solide) pubblicazioni FMV quali Contradiction: Spot the liar! la cui meccanica principale è quella di individuare le contraddizioni nei discorsi dei personaggi intervistati, oppure The Complex, di Wales Interactive, thriller fantascientifico breve ma intenso e decisamente spettacolare tanto quanto una produzione 100% cinematografica ad alto budget.
Il boom dei librigame negli anni ’70
Per chi non ha dimestichezza con il mondo ludico, il concetto di narrativa interattiva è forse più semplice da applicare a un film – ma come può un romanzo coinvolgere il proprio lettore nell’andamento di una storia? Non è facile stabiliare l’origine esatta del racconto interattivo scritto o librogame, ma sappiamo con certezza che il successo commerciale dei romanzi “a scelta” arriva negli anni ’70. Spesso chiamati choose your own adventure, i librigame alternano lettura passiva e decisioni attive: il lettore legge un paragrafo fino a quando questo si interrompe, presentando due o più possibili azioni o decisioni che il personaggio protagonista può compiere (“se scegli di entrare nella grotta, vai a pagina 10”; “se scegli di proseguire lungo il fiume, vai a pagina 15”). A seconda della sua decisionie, il lettore continua la lettura di un nuovo paragrafio alla pagina corrispondente alla sua decisioni.
Seppur lungi dall’essere la prima, una delle serie di libirigame più famosi è The Cave of Time, 1979, dell’autore statunitense Edward Packard (pubblicata in Italia con il titolo Scegli la tua avventura, Mondadori, 1986). Le regole che definiscono questo ibrido letterario sono ben chiare e ormai affermate e il successo della narrativa interattiva su carta si affianca all’avvento dei giochi di ruolo come l’arcinoto Dungeons & Dragons, dove al posto di un narratore letterario si trova una master in carne e ossa che guida i partecipanti nella scelta di direzioni, dialoghi, combattimenti e innumerevoli altre decisioni che forgiano la storia del gruppo di avventurieri…dal salotto di casa propria!
Il boom dei librigame si estende agli anni ’80, specialmente nel Regno Unito con la pubblicazione di Fighting Fantasy e Lone Wolf (ispiriato alle tematiche classiche dei poemi medievali). Anche nel resto del mondo, nonostante i due “focolai” del successo dei librigame rimangano Stati Uniti e Regno Uniti, la narrativa interattiva letteraria si fa conoscere, grazie alla traduzione di opere di lingua inglese e alla produzione di opere originali. Arrivati agli anni ’90, i librigame cominciano a perdere di popolarità, ma la narrativa interattiva aveva già trovato un altro mezzo di comunicazione di massa su cui trasferire il suo potenziale…il computer.
Avventure testuali
Negli anni ’80, al boom degli arcade nelle sale da gioco si unisce il fortunato avvento delle console casalinghe, adatte al gioco solitario fra le quattro mura. Quale occasione migliore per la narrativa in stile choose your own adventure per conquistare i cuori di pixel dei videogiocatori?
Nel 1977 viene pubblicata la prima avventura testuale digitale per il primo computer PDP: Colossal Cave Adventure era stato creato con lo stesso schema narrativo aperto dei librigame, presentando sullo schermo un breve testo da leggere, ma le modalità di interattività del giocatore erano ben diverse. Serviva infatti l’input diretto del giocatore, che poteva digitare dei comandi ben precisi con la propria tastiera (“vai a Est”, “raccogli mappa”, “apri inventario”) per far proseguire la narrazione nella direzione scelta. Se previsto dal programma, il comando veniva eseguito dal gioco che faceva apparire il paragrafo corrispondente alla scelta presa dal giocatore. All’inizio degli anni ’80, la giovane sfotware house Infocom pubblica Zork: The Underground Empire, primo episodio di una fortunata trilogia direttamente ispirata al design di Colossal Cave Adventure. Anche qui, è il giocatore a “chiedere” al racconto interattivo di eseguire alcuni comandi per portare avanti la storia. Grazie al semplice input di un giocatore e a determinati comandi limitati riconosciuti dal gioco, il lettore/giocatore aveva la possibilità di combattere troll, esplorare caverne, raccogliere o lasciare dietro di sè oggetti e perdersi (come è successo a tutti!) nella vasta foresta accanto alla casa da cui ha inizio l’avventura.

Così come per i film interattivi e per i librigame, il successo altalenante delle avventure testuali non ne ha mai determinato la scomparsa definitiva. Le avventure testuali hanno persino adattato la meccanica principale dei libirigame (scegliere fra due o più azioni prestabilite) al medium videoludico. Alcune di esse, infatti, invece di lasciare un libero input al giocatore, offrono delle brevi descrizioni di azioni possibili sotto forma di link cliccabili. Numerosi developer, indie e non solo, si sono cimentati nello sviluppo di semplice narrativa interattiva simile ai librigame, nonostante il rapido sviluppo e l’aumento di generi videoludici. Parliamo del creatore di The Stanley Parable, William Pugh, che ha creato il buffo The Temple of No, e del team svedese Simogo che ha “scosso” la staticità dello schermo di un’avventura testuale nel suo intrigrante Device 6.
La narrativa interattiva ha portato una componente ludica (la capacità di influenzare l’andamento di una storia) nei mezzi di comunicazione di massa storicamente passivi che dimostra ancora una volta quanto l’evoluzione artistica e tecnologica possa creare prodotti ibridi che esaltano e potenziano le caratteristiche di entrambi i media coinvolti.